Non chiedere l’età ad un olivo millenario

Barbara Invernizzi

Meglio non chiedere l’età ad un olivo millenario perché la risposta, se c’è, è sepolta sotto terra insieme alle sue radici. Qualche settimana fa abbiamo stilato una “top 5” degli olivi più vecchi d’Italia. Siamo stati costretti ad affidarci alla scarsa e lacunosa narrativa offerta da una ricerca su Google, condita di campanilistiche datazioni e citazioni di studi privi, on line, di documentazione. Abbiamo così interpellato un agronomo per capire se basti misurare la circonferenza di un tronco per datare un olivo “millenario”. La risposta è no. Barbara Invernizzi, paesaggista, docente di agronomia e consigliera dell’ordine dei dottori agronomi e forestali del Lazio, spiega perché calcolare l’età di un olivo considerato millenario sia un’impresa quasi impossibile.

“Perché l’olivo è una specie policormica, che come un arbusto – per semplificare – sviluppa più di un ramo dalla ceppaia. I rami spesso si fondono creando un fusto. Va da sé che quando hai a che fare con tanti rami, diventati albero, ma che si sono sviluppati da un’unica ceppaia, cercare di comprendere l’età di ognuno di essi è inutile perché sarebbe l’età di quel solo ramo. Improbabile, inoltre, se non impossibile, che possa vivere per millenni”.

Eppure l’Italia sembra essere piena di olivi antichissimi…

“L’olivo è una pianta longeva e resistente e ciò è dato sia dal fatto di essere un polialbero, sia dalla sua crescita lenta. Ha inoltre un legno duro, denso, che permette alla pianta di resistere fino a un certo punto anche al fuoco. Non è raro che un olivo vittima di un incendio getti nuovi rami dalla ceppaia”

Quanto contano circonferenza e diametro di un tronco nella datazione?

“Molto poco, perché ciò che vediamo è la parte più giovane della pianta, dove per giovane potremmo intendere anche qualche secolo. Solo la ceppaia, spesso sotto terra, potrebbe aiutarci nella datazione”

E allora come si fa a calcolarne l’età?

“Abbiamo tre soluzioni. La prima è quella della motosega, tagliando la pianta all’altezza della ceppaia. La seconda è il “succhiello di Pressler”, ovvero un carotaggio della ceppaia e dovremmo essere certi di bucare la parte più vecchia del piede. E poi c’è il carbonio 14, un esame che per essere attendibile dovrebbe essere eseguito su una parte morta della pianta, presumibilmente quella più vecchia. Ma trovare nella ceppaia una parte morta magari venti o trenta secoli fa di un albero ancora in vita è quasi impossibile”.

La prima, la motosega, credo si possa escludere a priori…

“Direi proprio di sì”.

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