Utilizzato come offerta religiosa, condimento per pietanze, contro la febbre, per illuminare le case, come unguento per la pelle e nei profumi. C’è stato un tempo in cui l’olio era davvero un prodotto multiuso. Ma, soprattutto, c’è stato un tempo in cui ha vissuto un popolo che ha promosso il “succo delle olive” a sostanza indispensabile nella vita quotidiana. Quel popolo erano gli antichi romani. Straordinari, attuali e lungimiranti nel riconoscere i suoi molteplici utilizzi. Anche per mantenere un’ottima forma fisica. Una recente ricerca lo conferma e il risultato lascia a bocca aperta: gli antichi romani battono gli italiani di oggi nel consumo di olio.
La ricerca
Ben 20 litri l’anno a persona contro gli 11,5 litri pro-capite secondo gli ultimi dati Assitol. Numeri comunque in crescita secondo l’Associazione Italiana Industria Olearia, che nell’ultimo rapporto pubblicato ha rilevato come il consumatore medio abbia acquistato il 9% in più di olio d’oliva nel 2020 rispetto all’anno precedente. Dato su cui hanno influito anche i periodi di lockdown causati dalla pandemia di Covid e lo smartworking, durante i quali gli italiani hanno mangiato di più a casa. E come se non bastasse, secondo Assitol, i consumatori di età inferiore ai 40 anni si sono interessati maggiormente alla provenienza degli oli che stavano per acquistare, spesso preferendo Evo di piccoli o medi produttori.
Plinio già lo sapeva
“Ci sono due liquidi particolarmente gradevoli per il corpo umano: il vino all’interno e l’olio all’esterno. Entrambi sono eccellenti prodotti naturali, ma l’olio è assolutamente necessario, e l’uomo non ha sbagliato a dedicare i suoi sforzi ad ottenerlo”. A parlare così dell’olio di oliva fu Plinio il Vecchio nel suo Naturalis historia. Nell’opera sono tanti i riferimenti all’oro verde su cui si sono soffermati in particolare alcuni studiosi dell’Università di York. Gli accademici hanno studiato quanto cibo mangiavano gli antichi romani. Partendo dai resti di quanti morirono ad Ercolano nel 79 d.C., hanno ricostruito le diete seguite da 17 adulti. Arrivando a più conclusioni. E una è quella che segue.
Gli antichi romani battono gli italiani
“L’olio d’oliva era la principale fonte di grasso per loro ed era ampiamente utilizzato per conservare il cibo stagionale – ha spiegato a Olive Oil Times Silvia Soncin, ricercatrice di bioarcheologia presso l’Università di York e autore principale dello studio – Le olive erano abbondanti in tutta l’area e offrivano circa il 20% del loro apporto calorico giornaliero”. Frase che tradotta in numeri conferma l’abitudine degli antichi romani di consumare circa 20 litri di olio di oliva all’anno.
L’olio migliore
Secondo Plinio, “il miglior (olio) di tutti è dato dalle olive verdi, quando non hanno ancora iniziato a maturare: hanno un ottimo sapore. Più le olive sono mature e più untuoso e meno gradevole è il loro succo”. Il “Vecchio”, insomma, la pensava come i bravi produttori di oggi. C’è da dire, però, che generalmente l’olio dei romani non era un Evo. Anzi spesso era ottenuto da raccolte tardive, da olive cadute a terra e per questo pieno di difetti e di pessima qualità.